Il cavaliere immaginario

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A volte raccontare storie fa soffrire di solitudine, perché divide chi narra da chi ascolta.
Il gioco di ruolo per me è sempre stato un modo per condividere la mia passione con immediatezza, senza separazioni o confini. Si crea e s’improvvisa tutti insieme, vivendo il momento con la consapevolezza che non si lascerà traccia della trama appena intrecciata.

Il cavaliere immaginario è il mio baule dei giochi, ma non se ne sta solo soletto in soffitta a custodire i ricordi. Accoglie i miei progetti per il futuro, rappresenta la mia voglia di giocare ancora e un invito a chiunque voglia narrare nuove storie insieme a me. Seduti intorno a un tavolo o in costume, non ha poi tutta questa importanza.

Le definizioni di gioco di ruolo si sprecano, a me piace quella che richiama ai giochi da bambini, quando si diceva “Facciamo che io sono un cavaliere e tu un drago”. Allora non serviva altro, adesso si cercano regole più raffinate per ritrovare la spontaneità di un tempo, ma il gusto resta quello di vestire i panni di qualcun altro. Senza un pubblico da soddisfare, solo per se stessi.